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Ti elogio pane di Montefusco
impasto di grano solare
e acqua leggera di fonte
lievitato di notte pronto
all’alba per salire nel forno
Diffondi la tua fragranza leggera
per le strade antiche del borgo
 ti posi sul sonno profondo
dei tetti nelle ore del campanile
Ti saluto crosta dorata
dal morbido cuore di mollica
profumo delicato di vita
portatore di continuità.   (2006)

Nella TERRA di MEZZO  –  di Paolo Saggese

 La “poesia del Sud” ha un timbro diverso dalla “poesia del Nord”. Con questo non si vogliono indicare priorità o preferenze, ma solo diversità. All’interno delle diversità si possono poi cogliere le somiglianze interne a questa poesia meridiana, ovvero nata nell’alveo antico del Mediterraneo. Questa poesia del Sud è poesia di lotta e di passione, come ci ha insegnato Scotellaro o ancora Quasimodo, Gatto, Compagnone, Vittore Fiore.

Questa poesia impegnata mi è piaciuto definirla “meridionalista”, perché pone, sulla scia di Dorso, di Rossi-Doria, e prima di Gramsci, al centro i problemi del Sud.

La poesia vera, comunque, non ha nazionalità o etichette. È poesia vera e basta.

Un caso rilevante di “poesia meridionalista” è rappresentato da una parte della produzione di Vincenzo D’Alessio – tra l’altro fondatore del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra”, dell’Associazione culturale “Francesco Guarini” e della casa editrice omonima -, che da più di trent’anni dedica la sua attività intellettuale ad una scrittura poetica, che ha un indubbio fascino. Penultima fatica – la dodicesima – è la silloge “Versi di lotta e di passione” (Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini” – Montoro, 2006), che non a caso, ovviamente, si apre con la citazione di una tra le poesie più famose di Rocco Scotellaro: “Pozzanghera nera il diciotto aprile”, poesia che racconta lo stato d’animo del poeta e dei “cafoni” dopo la sconfitta elettorale della primavera 1948. Ecco i versi di Scotellaro citati da D’Alessio: “Noi siamo rimasti la turba / la turba dei pezzenti, / quelli che strappano ai padroni / le maschere coi denti”.

Del resto, l’omaggio a Scotellaro è motivato dalle poesie di questa breve silloge, di ispirazione meridionalista, testimoni di lotte e di sconfitte, di un passato fatto di dignità e di fame, di esodi e di radici spezzate, di speranze di libertà. Non è un caso, tra l’altro, che una poesia sia indirizzata a Guido Dorso. Ecco alcuni versi: “Guido senza tormenti si / affaccia oltre il clamore / cerca il firmamento nelle / giovani emozioni Il Sud / passa indenne tra formule / e bandiere: la libertà è / un dono che non gli appartiene”.

Il legame con Dorso è ulteriore testimonianza di poesia impegnata, il cui valore è riconosciuto anche da Giorgio Bàrberi Squarotti, che in un biglietto del 23 gennaio 2005, scrivendo al poeta irpino, afferma: “… Ho letto le sue pagine appassionate e valorose: ma non dovrebbe bastare la protesta contro i politici, ci vuole altro, ben altro, cioè l’onestà di tutti, la non violenza, l’umiltà, la pazienza, tutte le virtù che non sono di moda”.

Un messaggio, dunque, importante ed attuale, fatto proprio da Bàrberi Squarotti e proposto con forza in uno degli Annali del Centro Dorso dal mai dimenticato Carlo Muscetta.

Comunque, l’impegno meridionalista di D’Alessio ha radici lontane: già nel 1976, pubblicando “La valigia del meridionale (Omaggio al paese natio)”, il poeta rifletteva sul Sud con gli stessi toni di trent’anni dopo. E non a caso ha inserito questa silloge in appendice alla nuova, per testimoniare la continuità di idee, di passione e di lotta.

I frutti di questo lavoro nobile sono stati apprezzati anche da numerosi critici. Ad esempio, l’ultima raccolta di D’Alessio – “Padri della terra” – si è aggiudicata il secondo Premio della VI edizione del concorso “Pubblica con noi”, promosso dall’illustre critico ed editore Alessandro Ramberti. In queste poesie notiamo la stessa spontaneità, veracità, semplicità e bellezza della precedente. Questi versi sono “un omaggio al Sud e agli uomini che lo abitano, versi intrisi di amore e rispetto per un tempo passato fatto di sudore e di duro lavoro, di donne e uomini, di padri e madri” (Antonella Pizzo). Massimo Sannelli nella Presentazione parla di “misura perfetta” nella sua semplicità, parla di estraneità all’accademia, parla di “pensiero meridionale” che si fa vita, perché veramente vissuto.

Anche queste poesie nascono nel segno di Rocco Scotellaro, come prova la citazione iniziale da “I padri della terra se ci sentono cantare”: “Ma così non si spiegano gli eroi / con la nostra canzone scellerata. / Nei padri il broncio dura così a lungo. / Ci cacceranno dalla patria”.

L’omaggio a Scotellaro è evidente anche in un componimento rivolto “ai giovani laureati”. Dopo aver espresso aspre critiche ai politici e ai “servi dei padroni”, D’Alessio prorompe: “Torneremo soli al Sabato / con Rocco e Leonardo / resteremo sempre distanti / partigiani meridionali”. L’altro poeta, insieme a Rocco, è Sinisgalli, di cui quest’anno cade il centenario della nascita, poeta ugualmente straordinario, che in alcune raccolte ha descritto con straziante nostalgia la fine della civiltà contadina lucana.

Questa poesia è poesia dell’impegno, è la poesia che più ci piace, perché ci consente di esprimere la verità, che fa scandalo, la verità che solo i poeti possono dire. Il pensiero non va, dunque, al passato, ma piuttosto al presente, a questa continua condanna del migrare, del fuggire da qui, del lutto che accompagna i meridionali “per la terra nemica”. Il pensiero va ai figli, pensiero di padre e di poeta, al figlio cui rivolge questa confessione: “Ti sono mancato come padre / me ne vergogno ancora / avrei potuto fingere negli anni / resistere al male degli uomini”.

Non so dire esattamente perché, ma questi versi così autentici valgono da soli un giorno di poesia.

Il pensiero va poi ai padri, ai nonni, al proprio padre e al proprio nonno, va al pane buono di un tempo e come è ora, al pane di Montefusco, che adesso tutti desideriamo addentare, e ringraziamo il poeta perché lo ha portato a simbolo di quel mondo passato, che nella sua genuina semplicità era più vero della finzione di oggi: “Ti elogio pane di Montefusco / impasto di grano solare / e acqua leggera di fonte / lievitato di notte pronto / all’alba per salire nel forno”.

Ecco, la poesia di D’Alessio è come questo pane. Chi sa assaporalo, saprà saziarsi e godere la fragranza di questi versi. Altrimenti potrà sempre recarsi in qualche McDonald o prendere un libro di versi di plastica in qualche megastore targato Mondadori. Noi, invece, preferiamo Vincenzo D’Alessio e il pane di Montefusco.

Pubblicato su OTTOPAGINE del 29 maggio 2008 e qui