Tag
E’ così che nascono i libri
nell’amore,
e così nascono i libri che nessuno
legge mai,
e così il libro prima di nascere
Dio lo deposita in te
come una manciata di fango che
diventa luce.
Domandano tutti come si fa a
scrivere un libro,
Si va vicino a Dio e gli si dice:
feconda la mia mente, mettiti nel
mio cuore
e portami via dagli
altri, rapiscimi.
Così nascono
i libri, così
nascono i poeti.
da “Corpo d’amore”
Blumy ha detto:
mi piace che la poesia ( e i libri) sia una manciata di fango che diventa luce !
rosaria di donato ha detto:
Eh sì! E’ proprio così che fà Dante prima di iniziare a scrivere il “Paradiso”! scopro che lo fà anche la Merini! beh… allora… anche io!
Un caro saluto,
Rosaria
rosaria di donato ha detto:
…gli accenti considerateli un rafforzativo del fare poetico, anzi…del faredivino che al pari del primo si prende tuttte le licenze che vuole! e…soprattutto, non ri-produce, ma crea ex-novo.
ciaoo
Rosaria
m. g.catuogno ha detto:
bella questa genesi dei libri e dei poeti ipotizzata dalla Merini…
Gisella
marinaraccanelli ha detto:
da fango a luce…poi, ognuno ha il suo Dio
marina
ranfonierika ha detto:
Adoro Alda Merini. Le sue parole hanno illuminato i miei pensieri e riscaldato il mio cuore in momenti felici e in momenti dolorosi…sono miracoli dell’anima!!!Erika
Francesca Pellegrino ha detto:
una spiritualità infinita – dentro questi versi.
nuska ha detto:
soffio divino nella nostra anima di poeti? lo speriamo,almeno io lo spero
anna
Pingback: 100 Top Posts, Blogs Italiano Wopdrpess 22/1/2009 + 3/12/2008 « Kopanakinews’s Weblog
maria pina ciancio ha detto:
ha colpito anche me quell’analogia della manciata di fango e luce come origine della “creazione” (uomo-poeta-poesia)
augusto ha detto:
Colgo l’occasione per parlarvi di un sodalizio non noto a tutti, tra Alda Merini e Michele Pierri, un poeta tarantino , che era anche medico di professione e di cui si è perso traccia , forse ingiustamente. C’è chi dice che era un buon poeta, ma oggi di lui onestamente si trova poco o nulla , e quel poco è quasi sempre associato al nome di Alda Merini , con la quale convisse per alcuni anni , subito dopo la morte della sua adorata moglie , Aminta
E in quegli anni di fiato a fiato in un condominio del centro di Taranto , il dottor Pierri non fece altro che parlarle di lei, alla povera Alda , della moglie morta novella Beatrice , che stava in paradiso aspettandolo , pronta a far “spazio per essere l’unica/ ad accoglier(lo) , al transito”…
Comprenderete che la poetessa milanese, trovandosi peraltro in quella fase di ossessionante delirio metaforico , o follìa d’amore , che caratterizzò una fase importante della sua vita e della sua poesia , con tutta la gratitudine e l’ammirazione che poteva avere per lui , non è che fosse felicissima di sentir parlare della defunta: “ Tu mi parli della tua vita e dell’angelo/ che ha lasciato in te il profumo della presenza, / tu mi parli di solitudini/ e di antiche montagne di memorie/ e non sai che in me risvegli la vita/ , non sai che in me risvegli l’amore/ parlandomi di una donna”.
E’ vero che il sodalizio tra i due fu quasi esclusivamete di natura spirituale e intellettuale, considerando che Pierri era un anziano vedovo e l’Alda una donna sola , con problemi esistenziali gravi (era alcolizzata) e senza risorse economiche .
Probabilmente fu Giacinto Spagnoletti , amico di entrambi , che convinse il medico-poeta ad accoglierla nella sua casa , più come una paziente sensibilissima e nullatenente , una sorella minore ( tra i due c’erano oltre vent’anni di differenza) che come una donna vera e propria che potesse in qualche modo sostituire la compagna scomparsa. Però è strano che Pierri non considerasse l’effetto che potevano avere le parole, le lacrime di rimpianto , e i versi tutti indirizzati alla buonanima su un animo sensibilissimo di una discepola avida di carezze e “gelosa” come Alda: “Io penso a quella che fui/ quando morii mill’ani or sono/ e adesso tua discepola e canto,/ scendo giù fino al Golfo/ a toccare la tua ombra superba ,/ o stanco poeta d’amore/ fissato a una lunga croce…”…”Odio e amo. Forse mi chiederai come sia possibile./ Non so, ma sento che avviene , e mi tormento”….
” Molti diedero al mio modo di vivere un nome/ e fui soltanto un’isterica”.
Quando Alda scrisse questi versi , probabilmente non avrebbe mai immaginato che le posizioni tra lei e il dottor Pierri si sarebbero invertite radicalmente e che lei , la “ barbona” , la “ disperata”, la “ isterica”, la “ disturbata” non solo avrebbe superato di gran lunga il “maestro” , ma che addirittura il Signor Pierri sarebbe stato ricordato quasi esclusivamente per aver dato ricetto a lei , ritenuta una demente, una alcolizzata senza alcun futuro , con il pallino della poesia , ( che è appunto “roba” per pazzi , complessati e originali . Nessuno che sia “normale” si mette a perdere tempo e a rendersi ridicolo con i versi. ) . Oggi Alda Merini è uno dei poeti italiani più considerati , apprezzati , discussi e amati , al centro di ogni forum , consesso, barnum letterario e poetico, inzeppata di premi prestigiosi , riconoscimenti nazionali e internazionali , con la stiva di casa ben fornita di sigarette e liquori a volontà. Ci sono addirittura Editori che le fanno la corte , nonostante sia notorio che i libri di poesia non abbiano mercato …ma i suoi sono versi “diversi”, versi della “pazza della porta accanto” , di una che è stata in manicomio e ha un background tutto particolare , hanno fatto breccia nello spettacolo e nel teatro, dove sono stati realizzati recital e piéces sulla sua vita e sui suoi versi ,senza contare , poi , che l’Alda , volendo , scrive altrettanto bene anche in prosa…. La poesia le giunse sulle ali del vento del suo disordine interiore , anche se lei aveva ( e ha ) paura di quel vento che la risospingeva per sentieri troppo tortuosi e profondi facendola vagare là dove si incontrano i ricordi e le speranze disattese, i visi dei morti e quelli dei vivi che non sanno più dire parole . Anche oggi , che ha i suoi ottantatré anni compiuti, si ritrova immersa nella solitudine , con il bisogno , la fame d’amore , in quel palazzo sui Navigli di Milano , al secondo piano, in un appartamento disordinato e misero , si ritrova nell’ ombra e continua a scrivere poesie, a fumare sigarette e a bere whiskie , le uniche cose belle della vita , insieme alle bolse gazze salentine che volano basse . I suoi pensieri furono quelli di una gazza ladra, tenera e solitaria , santa e meretrice , sanguinaria e ipocrita , rapida nel rubare l’oro e lenta nel volare sul ramo ; anche lei vive di un amore personale fatto di sogni , che quasi esclude il rapporto con il maschio . Amori intensi e infelici , come quelli di una gazza ladra, amori grandi e inesistenti , così grandi da elevarsi oltre l’umanità.
E del suo maestro Michele Pierri , che ne è stato ? Anche lei forse se lo chiede, ma non più di tanto, poiché i rapporti con i figli e gli eredi Pierri sono tutt’altro che buoni. La trattarono come un’appestata , quando fu ricoverata per la prima volta nell’infame manicomio di Taranto, qualcosa di più orrendo dell’inferno dantesco.
Di Michele Pierri si è persa ogni traccia? Chissenefrega.
Pierri, chi era costui? … Era un poeta vero , di notevole spessore , con un’anima religiosa , chiusa, ascetica , ma un’anima mortificata, insaziata , fermentata di ribellioni, che si piega ad ascoltare la voce dei fanciulli e delle gazze tarantine che portarono consolazione alla sua esistenza chiusa e appartata; ascoltò la ragione della coscienza, esplorò , indagò sul perchè delle cose , si confuse con i sogni, i fantasmi e i misteri della natura , per specchiarli in un colore e in un dolore densi e frantumati , come il ritmo del suo verso , che ora s’attorce e s’ingroviglia e non ti concede tregua , né respiro, sembra quasi che strida e arrivi fino a patire , a “fingere il dolore che sente davvero”, come disse Pessoa…
Era un poeta vero , che brilla di luce propria . Non ha bisogno di essere preso al rimorchio della Merini , che è una grande poetessa , ma ha avuto la fortuna ( dopo le disgraziate vicende sanitarie) di tornarsene a Milano e non a Taranto o nelle regioni di estrema periferia ed emarginazione del meridione come il Salento fino a pochi anni fa . Quella sfortuna è toccata a Pierri, che ha vissuto appartato , schivo, nascosto, quasi obliato. Donato Valli , che ebbe diversi incontri con lui , scrisse , in occasione del centenario della sua nascita (21 maggio 1998): “Si citano immancabilmente tre autori salentini , Bodini, Comi e Pagano, ma quasi nessuno fa riferimento a Michele Pierri , un poeta, che meriterebbe di essere collocato sullo stesso piano dei suddetti tre.” Era nato nello stesso anno di Betocchi , con cui aveva instaurato uno dei sodalizi di più intensa qualità spirituale . Altri amici profondamente legati a Pierri erano Oreste Macrì e i già citati Comi e Spagnoletti, che curò e pubblicò alcune raccolte di liriche del Pierri. Suo amico carissimo fu , durante la prima stagione letteraria del novecento , il padre dell’ermetismo storico italiano, Carlo Bo, che scrisse la prefazione del suo primo libro, “Contemplazione”. Anche Giorgio Caproni, il lirico ligure-toscano, il cantore di “Annina” , ritenuto per un certo periodo il più grande poeta italiano di quest’ultimo scorcio di secolo, fu ottimo amico del Pierri e tra loro per un certo periodo di tempo ci fu un carteggio degno di rilievo. Queste frequentazione “alte” del Pierri – sostiene Valli – ci offrono un’idea su quali fossero le fonti del suo pensiero e della sua poetica, che si agganciano all’avanguardia simbolista, successivamente irrobustita dalla letture di scrittori mistici quali Santa Teresa D’avila, San Giovanni della Croce e Jacopone da Todi.
Ma non va trascurato l’influsso filosofico di grandi pensatori “irregolari” , dichiarati eretici , quali Giordano Bruno e Tommaso Campanella, attraverso i quali Pierri è confluito nell’orfismo classico moderno ispirato dalla scuola pitagorica. Un’altra componente della poesia di Pierri passa attraverso una costante dialettica reiventata di un marxismo purificato e idealizzato come forza redentrice. L’azione di queste due forze è evidente in “Contemplazione” (1950) e in “De consolatione” (1953) in cui si avverte l’urgenza della realtà che ci assedia con forza fisica, quasi materiale e da questo assedio ci si può liberare solo mediante la parola, che però trasmette solo pensieri, non sensazioni. Ed ecco la voluta ricercata ambiguità della scrittura di Pierri, tra l’urgenza della fisicità e quella dello spirito. Nel 1971 fu pubblicato un poemetto di 54 versi , “Chico ed io”, sulla Rivista “L’Albero” fondata da Comi, un poemetto dedicato ad una gazza , che allietò alcuni mesi della sua vita e poi morì, forse avvelenata. Pierri passava diverso tempo ad allevare le gazze, non lo faceva certo da esperto , ma da “fratello” ( c’è in lui “ l’indipendenza dialettica del cristiano giullare” tutta francescana) perché tali considerava tutti gli animali: fratelli di viaggio , oppure da “comunicatore” di sensazioni misteriose. La bellissima gazza di Pierri non era come la capra di Saba , legata e dal viso semita , anche se “ il dolore è eterno / ha una voce e non varia” , ma era una creatura “libera e felice” che faceva sentire libero e felice anche il poeta . Con “ Chico” , Pierri trascorreva delle magnifiche giornate , giocavano e parlavano , in un linguaggio assolutamente misterioso e misterico, per iniziati , che conoscevano soltanto loro due.
Il poemetto “Chico ed io ” non è una favola , né una metafora ( La “ Gazza Ladra”-Alda Merini , che intanto trova spazio perfino sulla copertina di Time , non c’entra per nulla) , ma piuttosto la descrizione di una presa di coscienza più alta e
consapevole da parte dell’uomo: noi e gli animali siamo sullo stesso piano , essi hanno pari dignità, gioiscono e soffrono, sono capaci di renderci felici, meritano il più assoluto rispetto. Pierri , in definitiva, intende suggerire agli uomini un pietoso pensiero verso tutti gli esseri sensibili, vuole diffondere l’idea che “ allargare la cognizione del dolore extra umano non è conquista di certo inferiore a quella della conquista degli spazi”. E noi concordiamo pienamente con lui.
m.gisella catuogno ha detto:
Grazie ad Augusto di questo microsaggio sulla Merini, di cui ci racconta risvolti di vita inediti, almeno per me, e sul poeta Pierri che io non conoscevo, ma di cui m’intriga moltissimo questa spiritualità tutta francescana ma anche l’attrazione per Bruno e Campanella. Postando Alda Merini, ho ricevuto tanto in cambio…Gisella
Eleonora Fontana ha detto:
E’ tratta da MISTICA D’AMORE.Una parola, un tocco.E’ così che Alda Merini arriva ai suoi lettori.Li accarezza con i versi.