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Quel giorno ci fu un tramonto così insolitamente prolungato,
nel cielo rosso erano nere le case e il nostro giardino deserto.

Quella notte il cuore non ce la faceva più per le innumerevoli stelle
e spalancammo le finestre sulla vasta notte caldissima.

E al mattino un vento leggero portò il fresco dei mari,
ci furono troppi colori per via dei glicini e delle rose in fiore.

E quella sera me ne andai, pensavo al nostro destino,
pensavo al mio amore, di nuovo – a me e a te.

***

Non serve questa discrezione,
ma come avrò il coraggio di dirlo?
A me è dato respirare
in una felicità non passeggera,
a me è dato vivere
in una giovinezza non soddisfatta,
e scegliere e amare
in una libertà fuorilegge.

P.P.M.

Prima del triste e difficile addio
non dire che non ci sarà un altro incontro.
Ho il dono segreto e strano
di farmi da te ricordare.

In un altro paese, nell’esilio lontano
un tempo, quando verrà il tempo,
ti ripeterò con un’unica allusione,
un verso, un moto della penna.

E tu leggi come il pensiero mio ha ridato
e le tue parole di un tempo e l’ombra,
guarda di lontano come ho trasfigurati
questo giorno o quello appena trascorso.

Quale altro incontro vuoi per noi?
Con un unico verso ti restituisco
i tuoi passi, inchini, sguardi, parole
di più da te non mi è dato.

 

PIETROBURGO

Là gettò l’ancora una tranquilla città
e si fece vascello immobile,
tutt’intorno allargò le sue rive
e trasfigurò ogni cosa attorno.

E ora gli alberi maestri concentrano
il loro incantevole ardore
e guardano il buio, e conficcano nel buio
il rabesco che scintilla.

Non si distinguono i deserti confini-
dove sono le strade, dove le rive?
Tra cortili, piazze, gallerie,
un unico brivido, un’unica tormenta.

Anch’io non molto tempo fa vivevo
su quell’enorme vascello,
e attorno al più bello dei suoi alberi
camminavo e aspettavo nella nebbia.

Sapevo meravigliosamente
obliare che vivessimo sul mare,
quando nel corridoio deserto
tu mi venisti incontro.

Ricorda ora come ci faceva barcollare,
come si frangeva contro i bordi la tempesta,
quando ti sembravano pochi
il silenzio e la quiete.

Nina Berberova ( San Pietroburgo 1901- Philadelphia 1993 ) famosa come narratrice e saggista, meno conosciuta per la sua produzione poetica, non smise mai di scrivere poesie che pubblicò solo in tarda età. Come tanti altri letterati ed artisti, in seguito agli eventi della rivoluzionedel 1917, lascia l’Unione Sovietica nel 1922 per trasferirsi prima a Berlino, poi a Parigi ed infine, nel 1950 negli Stati Uniti. Testimone della diaspora russa ne rievoca le vicende nel volume di memorie Il corsivo è mio.