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albania, carcere, condannati politici, durazzo, kukes, patria, persecuzione, poesia albanese, valeri dyrzi tarasov, visar zhiti
[Altre terre]
“Essere poeta in Albania, in un paese piccolo ma di grandi tragedie, forse era più difficile che altrove, dove ad essere condannati erano non solo coloro che scrivevano, ma anche i loro libri e a volte le loro tombe” (V. Zhiti).
Di seguito, il drammatico poemetto dello scrittore albanese Visar Zhiti dedicato alla patria e scritto in seguito alle persecuzione del regime e alla dura esperienza del carcere.
IL SUICIDIO DELLA PATRIA
(Trittico)
Se ne sono andati
perché la dittatura ha stravolto la Patria
in ogni luogo. E
maledetto.
Sorgano i patrioti dell’umanità!
-conversazione al crepuscolo-
1. CIELO
Ci sarà mai più un cielo sopra le nostre teste?
A colpi di fucile lo ha distrutto la mia gente ribelle.
Cadono pezzi di cielo
come maledizioni dall’alto
e lanciano lampi insanguinati di urla.
Si fermano impietrite le bianche nubi, spiriti
di bimbi assassinati.
Che primavera è mai questa,
raccogliere un mazzo di fiori neri
da portare sulle tombe recenti?!
Non c’è più cielo.
Ancora di più Dio si è allontanato colpito
dalla pazzia dalla follia. E’ finito
il sogno sotto i piedi, calpestato
sogna sopra di sé la patria,
le teste degli uomini.
2. TERRA
Neppure i terremoti hanno portato tante rovine!
E il fuoco brucia i tetti della nostra storia.
Guerra senza guerra. Soldati smobilitati
e bambini con elmetti in mano,
come un giocattolo.
Una passeggiata per la città su un carro armato
vale quanto un caffé.
Il contadino in periferia tira gli aratri
sulla terra petrosa
con un carro armato sottratto.
Cosa seminerai, o padre,
la maledizione di questa terra,
che mai si stacca da noi?
Perché sì a lungo siamo stati puniti? E la sposa
dell’ultima domenica abbiamo accompagnato con i blindati,
mentre ebbri gli invitati abbracciano le armi.
Il velo
della sposa, bianca bandiera, sulla torretta del carro
portò la pace assurda e selvaggia.
Che cosa è mai questo destino?! Che cosa stiamo facendo?
Mi feriscono le piaghe della terra. Sento
nel terrore che vogliono farmi a pezzi
ancora di più
come all’inizio del secolo
come alla fine
3. MARE
Elegia per gli annegati
del Venerdì Santo
Le onde del terrore si avvicinano alla costa,
il lamento bagna le mie gambe
e mi penetra nel corpo,
mi dondola il cuore come una barca che sta per affondare.
In fondo al mare
come nelle profondità della terra
se ne andarono i bambini –angeli
e le donne –sirene di tragedia. Di sopra spumeggiano
gli oblii e l’abbandono.
Si è rovesciata la nave e con essa la patria
e si è fatta bara.
Il mare –sepolcro.
Partirono per la costa del sogno
e trovarono gli abissi profondi, torbidi
e paurosi come
le coscienze dei mostri.
Le donne abbandonarono il letto notturno –conchiglia
grande del fato. E i ceri di Pasqua
si fecero stelle spente sul mare.
I bambini non termineranno i loro giochi.
I pesci giocheranno con le loro vite
Innocenti,
con i loro scheletri, raggi di luce.
Le gole delle urla
Riempì l’acqua della morte,
perciò più non gridiamo.
Cosa mai porta il vento, la chioma dell’amore
affogato?
E le onde portano a riva una bambola orfana,
un libro di favole travolte
nella zuffa.
Anche allora,
quando il diluvio sommerse la terra,
l’Arca di Noé sfuggì al caos;
solo la mia gente doveva finire nel nero abisso
del mondo
senza mondo.
Quanto mare, quante tenebre
ove si culla il nostro destino,
abbiamo creato con le lacrime!
EPILOGO
Sulla rive del mare
sotto le onde del più grande dolore,
traggo i tanti cadaveri di me stesso,
uno a uno
traggo i miei giorni sommessi;
pendono le braccia come umido epilogo di bandiere del nulla
in fila li dispongo sui ciottoli abbandonati come la pietà.
Vieni, Mondo,
diamo loro il respiro delle nostre bocche, senza tardare,
mentre l’alba si accende di perla tra gli occhi impietrati
e aperti,
che non si chiuderanno mai più. Come il mare.
Roma, aprile 1997
Visar Zhiti nasce a Durazzo nel 1952. Laureato in lingua e letteratura albanese a Scutari, ha lavorato come insegnante per alcuni anni a Kukes, in un villaggio delle montagne del nord, al confine col Kosovo. All’età di ventisette anni viene arrestato e condannato a 13 anni di carcere, per aver scritto un libro di poesie mai pubblicato, perché decadente e pessimistico e per propaganda sovversiva contro il realismo socialista. In carcere condivide la prigionia politica ed i lavori forzati nei gulag dell’Albania con altri intellettuali, tra i quali il pittore russo-albanese Valeri Dyrzi Tarasov. Non potendo avere carta e penna per scrivere, ha composto e memorizzato decine di poesie. Nel 1987, scontata la pena, viene liberato, come tutti gli ex condannati politici. Il suo lavoro è stato pubblicato solo dopo la caduta della dittatura. Oggi, notissimo nel suo Paese per l’intera opera poetica, assurge a simbolo della persecuzione, con ruolo primario nella letteratura contemporanea albanese. La notorietà internazionale lo premia con traduzioni in greco, macedone, rumeno. E’ presente in antologie francesi, tedesche, inglesi.
In Italia vince il premio per la Poesia Leopardi d’oro nel 1991 e il premio Ada Negri nel 1997. Un suo racconto è pubblicato negli Oscar Mondadori. E’ citato nella Piccola Treccani. Ha pubblicato Dalla Parte dei Vinti (Suoni e colori d’Albania), Edizioni D’Agostino, 1998, intervenendo con Le piaghe non hanno patria in Una santa albanese di nome Madre Teresa, Edizioni D’Agostino, 1998.
Deputato al Parlamento del suo Paese nel 1996, è stato Ministro consigliere alla Cultura dell’Ambasciata albanese a Roma.
(foto in alto di Paolo Benegiamo)
Maria Pina Ciancio
Un link interessante sulla poesia albanese http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/sezioni/critica/hajdari2.html
Paola renzetti ha detto:
“Che cosa stiamo facendo? Mi feriscono le piaghe della terra”
Grazie per questa pubblicazione, testimonianza di dolore nella persecuzione e di impegno.
Paola renzetti ha detto:
Bella anche l’immagine scelta, perchè rappresenta lo slancio di libertà dell’uomo e del poeta che con il suo canto, anche nella più nera difficoltà, non smette di dare nuovo respiro al mondo.
juliette1804 ha detto:
Anche lo scrittore albanese Gezim Hajdari mi ha raccontato, quando ci siamo conosciuti, che la condizione dei poeti nel suo paese è sempre stata molto difficile, perciò, ho ritrovato un po’ in questi testi temi e simboli, che mi erano già familiari… certe penso che noi siamo anche fortunati, perché il peggio che ci può capitare è di discutere con qualche altro scrittore, ma non abbiamo né il problema della censura né dobbiamo temere di essere perguitati per quello che scriviamo… è vero anche che questa libertà senza limiti implica lo stesso un grande senso di responsabilità nei confronti di quello che si scrive…
Cristina
luciannaargentino ha detto:
Mi fa molto piacere trovare qui testi di Visar Zhiti che ebbi modo di conoscere nel 1999 durante una serata di poesia organizzata da Maria Jatosti. occasione in cui Visar mi regalò una copia, con dedica, di Dalla parte dei vinti. Questo per vantarmi un po’… Poi sono d’accordo con Cristina quando dice che noi siamo fortunati anche se siamo molto abili a crearci le nostre “persecuzioni”.
Sentire la patria come bara è davvero tremendo… Grazie a Maria Pina, Lucianna
mariapia ha detto:
Nell’epica drammatica, ecco analogie dell'”inconscio collettivo”?
Com’è diverso dal
nostrano (AZanzotto), come sono distanti in apparenza i (due) mondi: là, dove c’è epica, appunto, e sfida, noi invochiamo clemenza, gioco, abbraccio surreale.
Là epilogo di tragedia, e forse, di catarsi, ma ad occhi aperti.
Maria Pia Q.
Blumy ha detto:
non conosco questo poeta ma conosco Gezim Hajdari, di cui ho Antologia della pioggia.
m.gisella catuogno ha detto:
Grazie, Maria Pia, per avermi fatto conoscere questo poeta che ignoravo. I testi sono bellissimi, mi ha colpito in particolare quello sul mare e le sue tragedie
Gisella
emilia ha detto:
Davvero molto bello e interessante. Non consocevo questo poeta, Grazie. Emilia
fernirosso ha detto:
Grazie Mapi: avevo letto qualcosa di lui attraverso un sito che devo aver salvato in memoria del pc, in cui ho riportato gli autori stranieri che scrivono con il cuore sospeso tra la vita e la morte, tra l’ingiustizia e la bellezza della natura.Mi era piaciuto allora, ribadisco oggi la stessa emozione forte.Grazie,ferni
maria pina ciancio ha detto:
Carissimi, vi ringrazio tutti, per gli interventi. I testi di Zhiti li conosco dal maggio del ’97, quando fu ospite alla manifestazione “Incontri internazionali di poesia” presso la Casa della Poesia di Baronissi. Le copie tradotte di questo “Trittico” le conservo in fotocopia, inviate lo stesso anno via fax direttamente dall’ambasciata di Albania. Ecco, di tanto in tanto li ri-trovo nei miei archivi casalinghi, ma li custodisco gelosamente, perchè di una poesia così non si può che avere ammirazione, attenzione e cura. Mapi
fernirosso ha detto:
ti porto questa,che avevo salvato, riguarda le memorie delle sua prigionia, insieme a molti altri di cui si fa testimone.
Fila di scarpe incarcerate
Dormono i prigionieri.
Una vecchia coperta di illusioni
copre il loro corpo spento.
Ecco le loro scarpe appisolate in fila
con fedeltà infangata di cani.
Ecco le opinghe. Non ti ricordano le zolle dei campi?
Stivali screpolati
che continuano ad essere ostili
agli stivali militari.
Pantofole morbide, morbide
e si comportano
con eccessiva educazione in carcere
Scarpe cittadine
che avete conosciuto scarpe di donne
negli appuntamenti,
che avete danzato,
che avete sfavillato nei boulevards,
che siete entrate nei drammi,
ora abbandonate,
siete l’epilogo del dramma più grande.
Ecco le scarpe del delatore
con le stringhe penzolanti come la calunnia in bocca.
Meglio scalzo
e senza piedi alla fin fine,
non con queste scarpe,
non posso guardarle
non posso sopportarle.
Ma ci sono anche scarpe enigmatiche, fiere
(come anche ripugnanti)
scarpe che nell’anima,
e forse nella storia,
lasceranno le loro impronte.
Scarpe prigioniere,
le più sventurate del mondo,
stanche
bucate.
Quando la vita vi calza
torna indietro, solamente indietro.
maria pina ciancio ha detto:
grazie Ferni, è così bella, da lasciare senza parole (non la conoscevo)
Giovanna d'Urso ha detto:
Sto cercando una splendida poesia di Visar Zhiti che ho perso, il titolo in italiano è “Il vecchio mercato”. Dove posso ritrovarla? Giovanna d’Urso