Alessandro Ramberti e il manifesto della giornata
Il silenzio della poesia
Per ascoltare, riflettere, dialogare
Francavilla al Mare, Mumi, 16 febbraio 2008
Se scrivere è comunicare e condividere, cosa c’è di meglio che farlo insieme, in un moderno Cenacolo michettiano, nella cornice del bellissimo Museo Michetti, seduti tra due enormi tele dell’artista – l’arte per l’arte e nell’arte – e scambiarsi idee, parole e versi?
Il silenzio della poesia è il tema della giornata e i pensieri scambiati prendono tante vie: il silenzio inteso come grande contenitore plasmabile e adattabile, precursore della parola e della poesia, ma anche il “silenzio dei poeti” che in questo periodo tacciono e non osservano più il loro ruolo di pensatori e di intellettuali, possibili accentratori di denunce politiche e sociali, preferendo rinchiudersi in un loro guardarsi dentro, dando voce solo a tormenti interiori che non riguardano la collettività.
Riprendo da un post di Francesco Accattoli, che non è potuto essere con noi: “Sto riflettendo da tempo sul senso civile, o sociale, o rivoluzionario, della poesia. Su come essa, e questo è un mio pensiero, debba essere militante, soprattutto in un momento storico del nostro Paese dove non c’è molto da restare in silenzio, dove la gente vive di stenti, dove i SUV provocano disastri, dove la politica diventa ridicola, dove l’apparire diventa ragione primaria di vita”.
Anche Ottavio Rossani e Alessandro Seri, presenti all’incontro a Francavilla, sono intervenuti su questo argomento, esortando i poeti a non essere più silenziosi e a partecipare attivamente alla vita sociale, riprendendosi il loro antico ruolo.
Scrive ancora Francesco Accattoli: “… per la assoluta impossibilità di esprimere idee, perché, qualora siano considerate diverse o critiche (non polemiche), si viene “crocifissi in sala mensa”, per l’immobilità e il torpore delle coscienze. E la poesia ne risente, credo. In special modo la mia. Siamo passati dal ‘68, da Peppino Impastato, dai grandi scioperi dei metalmeccanici, dai cortei, dalle proteste unanimi, al particolarismo, all’orticello padronale, all’idea di un benessere che diventa esclusivamente fatto privato.”
Esiste, però, anche un silenzio “buono”, un silenzio che accoglie e conferma le voci, sfrondandone il superfluo e liberando le parole di orpelli inutili e le rende Poesia, in antitesi al rumore, al frastuono che ovunque ci insegue.
“Leggere o ascoltare poesia non è una pratica scontata”, scrive Massimo Pasqualone nel suo saggio introduttivo al convegno, e prosegue poi così:
“La poesia non ama il frastuono.
Necessita di silenzio.
Non un silenzio qualunque, né il silenzio in generale, bensì il fare silenzio, il tacere proprio della ragione che indaga la verità e che fa silenzio di fronte alla rivelazione della Verità stessa.
Di fronte all’enigma, la ragione può tentare di uscire in diversi modi, ovvero può decidere di rimanere all’interno, ancora, in diversi modi.
Può, quindi, cercare di scioglierlo razionalmente, con il rischio di semplificarlo, o decidere di riproporlo sotto altra veste, ossia di approfondirlo, complicarlo, o anche aggirarlo.”
Riflessioni quindi, ma non solo. La giornata è stata piena e ‘densa’, con tante letture.
Tra i vari interventi, molto apprezzato Gianmaria Giannetti, con una poesia dal ritmo forte e pregnante, recitata in modo efficace: una bella performance davvero. Interessante anche Riccardo Burgazzi, giovanissimo alle sue prime prove poetiche, già finalista al nostro concorso Un fiore di parola: da seguire.
Ha moderato la giornata, e presentato i poeti e scrittori intervenuti, Alessandro Ramberti (Fara editore), al quale va il mio (nostro) ringraziamento per la bella giornata e per il clima coinvolgente che ha saputo raccogliere intorno a sé.
Grazie anche a Massimo Pasqualone per l’organizzazione e per l’argomento proposto. Ringrazio anche l’Associazione Culturale Alento che ha collaborato all’ottima riuscita della giornata.
Queste occasioni vanno stimolate e supportate, perché sono molto importanti e forniscono stimoli e suggerimenti per le parole che ancora dobbiamo trovare.
Antonio Fiori ha detto:
Ben vengano convegni come questo, dal linguaggio molto franco, con richiami utili (come ci viene riferito di Alessandro Seri e Francesco Accattoli). Non finiremo mai di interrogarci, e di dibattere, anche aspramente, sulla poesia.
Grazie Morena
Antonio
Blumy ha detto:
Belli davvero, i convegni. Ma come mi piacerebbe se in questa città così (almeno all’apparenza) insensibile di fronte alla poesia, si cominciasse a fare almeno readings …
fernirosso ha detto:
Come al solito sono stata all’ipercentro,per la spesa settimanale,ma sono passata in libreria (ci ordino i libri oltre a quelli che trovo in internet) e mi stavo per mettere a piangere.Non avevo mai visto così tanta gente andare in un luogo così:una libreria, senza porte per altro.Ognuno guarava e cercava tra gli scaffali e tra le pile il suo libro o un libro.Non ha importanza cosa,non erano giornali o cd o altro ancora.Era convenuta lì e cercava:persino poesia,la più piccola delle presenze (uno scaffale,in mezzo ai tanti della narrativa,dei testi gialli…) CERCAVA LIBRI,non virtualità,come se ci fosse necessità di tenere tra le mani qualcosa,fossero anche pagine con dei segni sopra: SONO SEGNI CHE TOCCANO CHI LEGGE.
E c’era una varietà tale di persone che,ripeto,mi sarei messa a piangere dalla gioia.Un convegno non per specialisti,un con-venire,attraverso una umanità che si sta cercando.I più giovani lo fanno dai/con/tra i blog,ma stanno cercando,c’è una necessità palpabile di senso,di senso profondo,anche quello delle interrogazioni.L’uomo politico-economico-geografico non sta dall’altra parte dello stato in luogo uomo-mondo,ma è lo stesso delle interrogazioni.Ricordo Edmond Jabes e il suo interrogarsi,in un momento storico tremendo (ma quale non è un momento e non è storico mi chiedo?):è questo che hanno fatto e fanno i poeti,che sono uomini,prima di tutto,e dunque stanno tra gli uomini,tutti,compresi quelli che non piacciono,quelli che hanno altre tendenze,quelli che non appartengono alla specie degli intellettuali. Non è alato il poeta,ma a lato di una strada percorsa da molti,come sempre E’ STATO.Dunque credo non sia un convegno,per quanto possa aiutare attraverso più punti di vista,a pro-muovere un poeta o uno scrittore o un uomo a scegliere di schierarsi non con una idea di uomo,ma con l’uomo,tutto l’uomo.Grazie della riflessione,ferni.
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luciannaargentino ha detto:
Mi sembra che in qualche modo questo post di Morena (che ringrazio) e quello di Antonio si completino perchè entrambi di stimolo per una riflessione sulla poesia e sul senso del fare poesia. MI chiedo però che cosa intenda Francesco Accattoli per poesia militante (credo di avere difficoltà a comprendere il senso di militante- critica militante, poesia militante). Vuol dire che si dovrebbe fare poesia nelle strade, nelle piazze? Distribuire volantini di poesie alle uscite della metro? Vorrei non essere fraintesa, non è con tono polemico che mi e vi pongo queste domande, ma proprio perchè sono una che vorrebbe la poesia più presente nella quotidianità della gente. Anche se… anche se i poeti come “possibili accentratori di denunce politiche e sociali” non mi convince in quanto ci sono altri mezzi per fare questo.
Dare “voce solo a tormenti interiori che non riguardano la collettività.” Questa affermazione mi suona alquanto stonata perchè la poesia non parla a un’idea vaga e generica di umanità, ma parla (o dovrebbe parlare) al singolo essere che in quella poesia ritrova il bandolo della propria e altrui umanità.
Un grazie e un saluto a tutti, Lucianna
rose ha detto:
Dev’essere stato un convegno interessante. Mi auguro siano con-venute molte persone … anche se, per esperienza, so che di solito l’audience è piuttosto limitata a queste manifestazioni.
“Poesia militante” suona molto come “poesia che si schiera da una parte o dall’altra; per un ideale, contro un altro” e non mi pare auspicabile, anche se, forse, in un’epoca in cui la poesia proprio “non tira”, segnerebbe il successo almeno di quegli apologeti. 😦 🙂
La poesia, come tutte le arti, è un po’ il riflesso del tempo e del luogo in cui vive. Nell’Occidente odierno, coi disvalori che vengono ammanniti dai media e l’apparente benessere generale, il poeta non può che ripiegarsi su se stesso, per “ritrovare il bandolo della propria e dell’altrui umanità”. Grazie.
antonella ha detto:
Sì, Burgazzi ha scritto L’ultima volontà ignora il veleno dello scorpione, qui lo ribadisco perchè per un refuso, ora corretto, l’avevo data scritta da un altro autore. Un convegno interessante, riflessioni e letture.
– il “silenzio dei poeti” che in questo periodo tacciono e non osservano più il loro ruolo di pensatori e di intellettuali, possibili accentratori di denunce politiche e sociali, preferendo rinchiudersi in un loro guardarsi dentro, dando voce solo a tormenti interiori che non riguardano la collettività –
questo chi l’ha detto? mi sembra generico, il tormento interiore può essere anche universale. comunque non voglio approfondire perchè ho deciso di fregarmene di quello che si dice della e sulla poesia, per me la poesia è libertà e non sarà un convegno a dirmi come e quando e cosa scrivere. bello però che hai conosciuto e incontrato alessandro ramberti, seri, rossani, e tutta quella bella gente. ciao antonella
maria gisella catuogno ha detto:
riflessioni interessanti sulla poesia, , la sua genesi, i suoi effetti…importante anche il discorso sulla poesia “impegnata” che è la più difficile, se non è retorica…
un caro saluto
Gisella
sandrapalombo ha detto:
Al di là dei vari pensieri sulla poesia impegnata, il ritorno a discutere sulla poesia, rompe il silenzio dei poeti che mai sono avulsi dall’impegno. Anche nelle poesie più “intime” c’è una denuncia o un segno dei tempi, perché il paesaggio della società fa da sfondo ad ogni turbamento.
Sandra
ferrannam ha detto:
sono d’accordo con antonella e sandra. La poesia non milita,
l’impegno del poeta non può consistere che nel continuare ad affinare i propri strumenti di ascolto, in assoluta libertà,
prendendo le distanze da ciò che è in conflitto con la propria etica. E chi scrive tutto questo lo fa con grande fatica, per il frastuono mediatico che circonda. Da qui l’essere spesso in disparte del poeta, in quel ” silenzio buono” necessario come l’aria alla poesia.
E non vi è poesia intima o poesia oltre l’intimità, come sostiene sandra. Vi è soltanto il sentire e trasmettere i passi che facciamo nel tempo, in cui tutti possano riconoscersi.
annamaria
margheritarimi ha detto:
Sono d’accordo sostanzialmente con tutti quelli che mi hanno preceduto.
Sembra che si parli di un “silenzio” buono della poesia,e di un silenzio “cattivo”che è quello della non “militanza” e della non denuncia…
Sembra che così la poesia debba sottostare ed obbedire a dei dettati,quando per sua natura è libera.
(E poi chi l’ha detto che i poeti sono degli intellettuali…essi sono oltre).
un caro saluto a tutti
margheritarimi
Riccardo ha detto:
E’ stata un’esperienza molto significativa e mi fa piacere che se ne parli anche qui.
C’è bisogno di un parlar “chiarozzo, chiarozzo, acciò che chi ode, ne vada contento e illuminato, e none imbarbagliato”
😉
Saluti!
Riccardo