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marco-sforza-liveIl musicista è anche un po’ poeta?
Live è meglio

Morena Fanti incontra Marco Sforza

 

 

Allevato a pane e valzer – le melodie che ascoltava la mamma nei pomeriggi di lavori a maglia -, Marco Sforza è cresciuto con la musica nelle orecchie e nel cuore. In seguito feste di paese e baci mai dati, e la musica sempre in sottofondo. Quando i ricordi hanno iniziato a sfilacciarsi Marco ha iniziato a scrivere per non dimenticare: “Saranno state quelle note, quelle grosse voci, quelle splendide ballate […] Io ascoltavo tutto questo e in qualche modo volevo farne parte pure io. Cosi d’incanto iniziai ad accompagnare le mie parole con la chitarra e una pianola. E mi piaceva”.
E che Marco Sforza si diverta cantando e suonando è una cosa immediata, una cosa che si scopre subito ascoltandolo in concerto. In perfetta sintonia con gli amici (il Trio Separè) che suonano insieme a lui, Marco è un musicista vero, un artista che rispecchia l’uomo che ha in sé:

Il musicista
Quando parla si veste di modestia
Lui lui è un grande artista
Tendenzialmente solitario e pessimista

Non gli chiedere mai
Di suonarti qualcosa nell’immediato
Lui puntualmente dirà
No guarda non è il caso.. non ho studiato

[…]

sai, ho fatto da solomarcosforza-bianco-e-nero
autodidatta dopo il lavoro
è una vera passione
che a lungo andare diventa un’ossessione

[…]

il musicista
quando suona si veste di superbia
lui lui è un grande artista
tendenzialmente egocentrico egoista

Marco Sforza scrive di allegria e di spensieratezza ma anche di malinconia e nostalgia. Il tutto si riassume in verità e sudore. Le sue parole hanno il suono di alcune poesie, con le parole che si rincorrono e inseguono i nostri modi di fare e di essere: “L’indifferenza, è una dolce amante / Misteriosa è un po’ intrigante / E poi del resto, è un’invenzione / Del nostro tempo, del nostro umore […] Scappo via, ho troppa fretta / No grazie, no…non m’interessa […] L’indifferenza la trovi sui giornali / Tra qualche vip e qualche cane”.
E finalmente Marco, dopo tanta musica e tanta scrittura, ha deciso, da un paio di anni, di portare fuori dalla sua stanza le sue canzoni. E lo fa affermando: “Non faccio il musicista di professione. Io scrivo solo canzoni”.

* I ragazzi che ti accompagnano sono amici da prima, o musicisti che hai conosciuto per lavoro e dopo sono diventati amici?

Amici. Soprattutto amici. Matteo Pacifico, il clarinettista, è stato il primo con cui ho intrapreso questo viaggio musicale. Ci siamo conosciuti in una casa di riposo 6 o 7 anni fa. Lui era l’animatore ed io stavo “scontando” il servizio militare come obbiettore. Cosi tra una festa e l’altra, tra un walzer e una mazurka abbiamo iniziato a conoscerci e suonare insieme.
Fabio Volpini, invece, l’ho conosciuto al Roxy Bar un anno fa. Eravamo lì per una rassegna organizzata da Red Ronnie, io come solista, lui era il batterista di una cantautrice di Bologna. Per farla breve, dopo la mia esibizione (“stellare”) è corso da me entusiasta e mi ha chiesto (anzi mi ha quasi obbligato) di prenderlo a suonare con me. E cosi è nato il trio.
[Il trio?!.. Si, il trio Separè. Ma ne manca uno, no?!]
Hai ragione: il terzo elemento. Descriverlo per me è sempre un po’ complicato perché. Perché lui è un bohemien, nel vero senso del termine. Forse il primo e l’unico che io conosca. Di comune accordo abbiamo voluto espressamente che facesse parte del nuovo cd, Mattia “il conte” De Medici, violinista eccentrico come il suo stile di vita. Un genio musicale indomabile, odia le strutture, maestro di bevute e sbronzate. Se fosse per lui l’improvvisazione andrebbe a capo di tutto. Come si fa a non voler bene ad un personaggio cosi. Conoscerlo per credere.

* Quanto è importante per te, avere una buona sintonia tra di voi?

Credo che sia una base fondamentale per chi suona, soprattutto quando si porta in giro un’idea e una proposta di musica molto personale e nello stesso tempo nuova per chi ascolta. Senza un affiatamento completo e sincero è molto difficile riuscire ad emozionare o perlomeno divertirsi insieme. Io mi ritengo molto fortunato ad aver come musicisti/amici tre ragazzi come loro.
Oltretutto io sono uno a cui non piace fare sempre le stesse cose e preferisco, secondo il momento, la serata, e la gente che ho davanti, adeguarmi all’atmosfera. Non sempre nasce quello che si ha in mente, ma almeno ci si prova. I colleghi che ogni volta suonano la stessa scaletta, le stesse pause, gli stessi arrangiamenti, non li concepisco tanto.
Forse è una mia idea di spettacolo molto pretenziosa, non scontata, ma onesta e fin che posso la porterò avanti.

* Senti più il bisogno di scrivere o di fare musica? Cioè, potresti essere ‘solo’ scrittore dei testi e poi cederli ad altri, ad esempio, o senti che vuoi essere ‘tutto’ perché sei più completo come artista?

Da quando ho iniziato a scrivere ho sempre cercato di portare avanti le due cose contemporaneamente. Spesso capita che prima arrivi la musica, un motivetto, un giro di accordi e poi pian piano nasce un testo. Altre volte è l’esatto contrario.
Il bisogno comunque è sempre vivo, quasi un’esigenza, un modo mio per fermare qualcosa, di fissarlo e il più delle volte di esaltarlo musicalmente. Il problema non è cercare di essere tutto, ma saper cosa si vuole essere, avere la consapevolezza dei propri limiti e poi da lì scegliere dove andare.
Nel mio caso mi verrebbe molto difficile limitarmi al solo testo o solo alla parte musicale. Forse perché ho davvero questo bisogno di usare entrambe le cose, di esprimermi sia con la musica ed il testo insieme. Certo, potrei benissimo scrivere testi per altri, ma sono certo che alla fine la canzone non risulterà come io l’avevo immaginata, ma sarebbe un compromesso giusto e naturale da accettare. Stesso discorso vale per la musica. Comunque alla fine preferisco scrivermele e cantarmele… Am diverti ed piò! [mi diverto di più, per i non emiliani]

* Quanto è difficile farsi conoscere nel mondo della musica?

Al giorno d’oggi credo che sia molto più facile rispetto a quaranta/cinquanta anni fa.
Ormai, con Internet, le nuove tecnologie, le radio indipendenti ecc.. tutti hanno la possibilità di farsi conoscere per quello che fanno.
Il problema è il come ci si arriva alla notorietà . La difficoltà sta proprio li.
Quante volte vediamo in tv e sentiamo per radio un’infinità di singoli, di canzoni costruite apposta per vendere: il ritmo orecchiabile, la bella fanciulla o il boy impomatato fino alle mutande!
E’ uno schifo. Non si fa cultura così. E’ tutto sbagliato. Sotto esiste solo un desiderio commerciale fine a se stesso. Ma alla maggior parte delle gente questo non interessa, basta che la canzone piaccia, abbia un bel ritmo e il gioco è fatto.
Nel mio caso forse arrivare ai ranghi alti di radio e tv è ancora più complicato. Io, insieme ad un mare di ragazzi giovani e non giovani, rientro in quella categoria chiamata “cantautori”. Sentire una canzone di Bindi, di Conte, di Tenco o anche lo stesso De Andrè passare per una radio nazionale avviene di rado (salvo quando fanno uscire le solite raccolte annuali). Figurati se vogliono passare un brano di Marco Sforza o tanti altri.
Certo ci sono i concorsi, quelli importanti, ad esempio Musicultura a Recanati, Sanremo Lab, Bielle e tanti altri, ma siamo sempre al punto di partenza. Nel senso che sotto di te devi avere un’agenzia, un’etichetta, qualcuno che ti promuova e faccia il possibile perché il tuo prodotto e/o proposta musicale diventi palpabile e vendibile. E’ il come che fa la differenza, almeno credo.
Infatti da pochi anni a questa parte sono nate un’infinità di etichette indipendenti per contrastare tutto questo magna magna discografico; certo è positivo tutto questo, ma credo che di strada da fare ce ne sia ancora tanta e credo anche che non bisogna partire dalle piccole etichette indipendenti, ma bisogna puntare in alto, alle major e alle radio a diffusione nazionale, cambiare i palinsesti, smetterla di far passare ogni mese i soliti Ligabue, i soliti Vasco. Sarebbe ora che lasciassero spazio ai giovani, a nuove identità , nuove espressioni. C’è bisogno di una rivoluzione musical/commerciale. (scusa per lo sfogo)

Figurati. Sfogo comprensibile. Mi suona tutto tremendamente familiare. Per chi scrive succede esattamente la stessa cosa. Le librerie propongono sempre e solo i soliti nomi e i libri delle grandi case editrici e gli altri non si trovano mai. Ma torniamo a te e alla musica.

Chissà se un giorno passeranno pure da me. Per ora ho in mano un solo e primo cd.
Con questo cercherò di “vendermi”. So che sarà un’impresa ardua, ma bisogna farlo se no è finita. Mi iscriverò a concorsi e a rassegne importanti e poi vedremo cosa accadrà . Come qui al Wolf: inaspettata rivelazione di cui siamo molto soddisfatti.
Con o senza vincita per noi è stata una bella esperienza. Poi per uno come me che ha sempre creduto nel live e continuerà a farlo è una grande soddisfazione.
Sono i concerti dal vivo che salvano la musica, la vera musica, quella con il sudore, le risa, i locali, la gente che ti ascolta e condivide insieme a te un momento (magico).

* Che progetti hai per il futuro?

cop-cane-per-mys-copiaOra che uscirà il disco (è uscito il 21 marzo) dovrò occuparmi della promozione, magari in qualche radio, interviste, (magari fatte da una dolcissima scrittrice bolognese) e poi locali, festival estivi, ecc…
Poi si vedrà . Sinceramente non sono il tipo che vuole programmare tutto a tavolino.
Anzi, non ne sarei capace, farei un gran casino… come mio solito.

* Avere tra le mani il (proprio) primo cd è come per uno scrittore vedere stampato il suo primo libro. Sei soddisfatto di questo cd nuovo e lucido? Cosa si prova vedendo il risultato del proprio lavoro?

La soddisfazione è tanta, davvero. E’ gratificante il fatto che (bene o male) quello che si fa, lo si fa perché ci si crede fino in fondo e alla fine si è contenti comunque, al di là di venderli tutti oppure no. Le prime impressioni dai nuovi ascoltatori sono buone e per il momento questo è ciò che ci interessa.

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wolf_005

Si è conclusa ieri sera, 24 marzo 2009, la rassegna/sfida City MusicLab al Bar Wolf di Bologna. Marco Sforza e il Duo Separè (come si è detto Mattia il Conte, da vero bohemien, è una varabile non sempre presente) erano in finale. La serata era tosta, quattro gruppi agguerriti della loro musica. Molti con fans a seguito. I nostri, in trasferta da Reggio Emilia, non giocavano in casa, ma hanno vinto ugualmente il Trofeo del Wolf grazie al Premio qualità della Giuria. Ma la kermesse canora non finisce qui: in estate a Roma ci sarà la finale e Marco Sforza con i suoi amici/musicisti si esibirà nella Capitale e cercherà di spuntare la vittoria definitiva. In bocca al lupo, Marco!

Altre notizie su Marco Sforza e la sua attività le trovate sul sito http://www.marcosforza.it 
 e nel suo myspace http://www.myspace.com/marcosforza