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Cocci d’ombra
Vincenzo Celli

 

Fara editore, 2008
pp. 87, euro 12,o0
 

 

 

 

 

una poesia

nasce anche così

solo guardando il coraggio

di una casa a picco sul mare.

Questi versi, tratti dalla poesia “Vorrei”, mi sembrano costituire il cuore di “Cocci d’ombra” libro d’esordio di Vincenzo Celli (libro che peraltro sembra avere molti cuori). Nel coraggio della casa a picco sul mare ho sentito il coraggio di ognuno di noi e del poeta che quel coraggio trasforma, oltre che in vita consapevolmente vissuta, in parole.

Il testamento in vita di chi ha promesso a tutti di non morire, non morire tra le molte cose di ogni giorno che ci ingombrano e a volte soffocano la mente e il cuore. Allora ecco la poesia come un alleggerirsi della quotidianità, un richiamare le cose dal senso che hanno per noi a quello che acquistano quando, attraverso la scrittura, lasciamo che vadano libere. Inoltre, come giustamente annota Morena Fanti nella sua accurata ed esauriente prefazione, nella poesia di Vincenzo Celli c’è molta fisicità. Fisicità dei corpi sì, ma anche delle cose che questi corpi toccano, usano e ne vengono a loro volta toccati, usati, per quei segni, quelle tracce di ricordi che ci lasciano dentro. Le cose che riempiono la nostra quotidianità e vengono ad incastonarsi nell’immaginario poetico dell’autore, quasi simboli, icone di un suo percorso umano e psicologico.

Percorso all’interno dell’Io che cerca le ragioni del proprio esistere e del proprio scrivere e all’esterno dove lo stupore, che è già sguardo che va oltre l’evidenza delle cose, rarefacendole e dunque consegnandole a un senso altro, nel farsi parola trova una sua tregua, ma appunto di tregua si tratta. Presto, infatti, il poeta si ritrova con le proprie inquietudini perché “è un cane impaziente questo mio vizio di scrivere”.

Lucianna Argentino