Mia nonna coltivava viole e basilico
accudiva i polli e i vitelli nella stalla
parlava con l’asino che scappava
scalciando e trascurando
tutti quelli che volevano acchiapparlo.
Lei lo chiamava, lo chiamava col suo nome
quello che ormai riconosceva al primo fiato.
Ogni volta dopo il viaggio dal campo o al campo santo
lei lo ringraziava staccandogli il carretto dalla schiena.
Non spendeva parole mia nonna
le sue sillabe erano semi da spargere nell’orto
il latte il pane la farina il burro ricotta e
conserva ogni giorno da curare
da governare tutto il regno di dio e tutto dentro una mano
vecchissima e leggera. Non c’era cosa che lei non amasse
non rispettasse: una gemma di filo, un tutolo di frumento
un legnetto, un rocchetto, una tazza sbeccata
un bottone in madreperla e quell’altro fatto a fiocco di metallo.
Li conservo in una scatola di latta con il proposito
fermo e sicuro di donarli a mia figlia: il nostro piccolo tesoro.
E la monnezza: era un reame dove d’inverno prendevano vita i pomi: d’oro, lucenti del sangue di mia nonna
che intanto invecchiava: si facevano muffe i suoi capelli
muschi le mani incolte eppure
non c’è cosa che dentro la mia bocca
non sia intera la sua lingua.
Doriana ha detto:
Sono contenta di essere la prima a dirti Fernanda la grande emozione e stima che mi è venuta in punta di bocca e dal cuore, posso solo scriverti della lettura del tuo testo, chè definirlo non mi piace davvero. Dentro c’è tutta la storia incontenibile di noi donne della seconda metà del novecento che abbiamo guardato che facciamo solo in parte quei gesti ma ancora ci ostiniamo a trattenere nella memoria e a passarlo quell’amore e quei saperi.
Ti sono profondamente grata
monica ha detto:
MI sono commossa perchè ho rivisto nelle tue parole il volto di mia nonna…
grazie!!
Monica
Sara Ferraglia ha detto:
Splendida immagine di una donna e di un tempo in cui non si gettava nulla e tutto, cose e sentimenti, era prezioso.
“Li conservo in una scatola di latta con il proposito
fermo e sicuro di donarli a mia figlia: il nostro piccolo tesoro”
Siamo ancora capaci di trasmettere qualcosa ai nostri figli?
Bellissima davvero.
Sara
fernirosso ha detto:
per ringraziare voi e quelle donne,ma attraverso di loro,tutte le donne,lascio questi indirizzi,non potendo portare le immagini.Un profondo grazie a quel mondo,affatto distante,affatto inetto,ma vivo,arcaicamente fertilissimo.
Grazie a tutte voi.ferni
antonella ha detto:
si facevano muffe i suoi capelli
muschi le mani incolte eppure
quoto questo verso perchè mi piace molto, una donna come un albero, che invecchia, ma non è invecchiato invano, ha dato frutti per molti anni ed ha lasciato in eredità un tesoro.
grazie
antonella
bruna ha detto:
Sono versi molto belli. la ricchezza dell’essere è al di sopra dell’apparire, la concretezza si fa poesia e affascina chi legge. Grazie Fernanda per averla divulgata. Bruna Torino
elina ha detto:
“Mia nonna coltivava viole e basilico”
“non c’è cosa che dentro la mia bocca
non sia intera la sua lingua”.
Noi continuiamo le nostre care donne di un tempo…i nostri gesti ripetono i loro, via via all’infinito.
La vita non invecchia mai quando è donata.
Versi bellissimi, un regalo che condividerò con mia madre.
ciao
elina
fernirosso ha detto:
voi tutte siete bellissime perchè in voi rinasce il seme di quell’albero di cui antonella ha visto gli anelli del midollo di accrescimento e la scorza attraverso cui respira l’universo intero,il prima l’ora e il poi. Siete sempre con me, tutte. Profondamente grazie della vostra presenza: è un fare insieme il pane. ferni
rose ha detto:
Ho riletto volentieri la tua poesia, ferni e ammirato quei volti di donne, bellissimi, proprio perchè segnati dal tempo, dalla gioia, dal dolore, dal lavoro.
Stupenda poesia: gesti antichi e ieratici di cui, purtroppo, possiamo passare solo il ricordo alle nostre figlie.
(ma sono sicura 🙂 che adesso tu sorgerai, eterna Gea, a rimettere ogni cosa nel tuo meraviglioso “calderone” che tutto comprende e … santifica, anche la … monnezza.)
🙂 ferni, sei un’ottimista a oltranza!
fernirosso ha detto:
si, sono bellissime, regali in tutti i sensi. In ogni loro segno un deposito di memorie che vale la vita, giorno per giorno e aiuta me, noi, a guardare in modo differente nel deposito delle tante ricchezze ciò che veramente conta e ciò che invece è senza peso o così grave da cadere e perdersi. Grazie d’essere tornata su queste righe,sono i senti-eri, in cui le voci si intrecciano. ferni
ainsi ha detto:
Un’atmosfera antica di meravigliosa bellezza ereditata e conservata come un tesoro.
Ciao, ferni, grazie. Qualche volta fa bene porre l’attenzione sulla semplicità che si tende purtroppo a sovrastare con illusionistiche visuali..
rina
monica ha detto:
Grazie Ferni per le foto segnalate.
In un mondo in cui si ricerca solo l’esteriorità e la bellezza con
bisturi, botulino e quant’altro, riscoprire la bellezza di queste donne, con le loro rughe, aspri sentieri della vita, con i loro occhi, specchi di gioie e malinconie…. saremo in grado di diventare delle nonne così vere?
grazie ancora
Monica
roberto matarazzo ha detto:
che meraviglia di scrittura e di ricordi poetici e di vita.. un grazie a te e un grazie a fernirosso (ma ci conosciamo? mi sembra di intuire che già abbiamo avuto modo di, ma non ricordo, di conoscerci, per le immagini..
roberto
rose ha detto:
Ossignùr, non avevo visto elina!
Ma sei la “nostra” elina?
Allora, abbraccio grande!
Dai, nonne, figlie, amiche
tuttebelledonne, of course!
fernirosso ha detto:
ancora una volta ringrazio voi,per il vostro portare,attraverso la parola,un cibo che nutre noi tutte. Forse le donne lo hanno connaturato questo senso,particolare, del condividere e dell’offrire. Dunque grazie a voi, per l’arricchimento di cui godo attraverso la vostra memoria.
Separatamente rispondo a roberto:non credo di conescerti,né credo tu conosca me, non sono molto “in giro”.Grazie anche della tua lettura,per me,quel tempo,è ancora oggi il luogo in cui respiro liberamente e profondamente,ricordando ogni dettaglio,ogni movimento.
roberto matarazzo ha detto:
eppure è una sensazione. in ogni caso mi piacciono le persone dotate di raffinatezza sensibile e spessori umani ma una cosa: il senso del “condividere e offrire” è vero più connaturato al femminino ma anche uomini dotati di nobiltà d’animo hanno questo senso, almeno credo!
roberto
fernirosso ha detto:
ma certo che è così, non ho dubbi su questo e, più che alle donne, riconosco agli uomini una generosità davvero limpida e sincera, a parte ovviamente alcuni casi che confermano la regola.Le donne meditano ogni gesto, gli uomini hanno una spontaneità che, a volte, turba o dis-turba. Lavoro quasi esclusivamente con uomini, il cantiere è una relazione continua con maestranze di sesso maschile,raramente femminile e riconosco loro moltissimi pregi.
Quanto alla conoscenza, davvero non so dirti, se ricordassi dove almeno, o come..Comunque se non ci conoscevamo:lo stiamo facendo ora,non è mai tardi.Non credi? un abbraccio,ferni
fioriantonio ha detto:
Amabile poesia, che da vita ai ricordi con parole ben scelte (come quelle della nonna, ‘semi da spargere nell’orto’) e dice tanto: del fulcro che rappresentano affetti e sentimenti, più duraturi a volte dell’amore umano; della forza memoriale degli oggetti; dell’importante missione di salvare una lingua o un dialetto.
I miei più sinceri complimenti a Fernanda
Antonio
lucetta ha detto:
complimenti anche da me che, di solito, non amo certi quadretti “bucolici” che immancabilmente cadono nel sentimentale autobiografico: c’è qui una sincerità e una freschezza particolari e inoltre un messaggio come questo -tutto al positivo- è una boccata d’ossigeno.
lucetta
fernirosso ha detto:
siete tutti generosi, e da parte mia ricevo questo vostro dono,non per me,ma per quel mondo spesso frodato,deriso,oltraggiato,che invece aveva lasciato buona terra,sotto la suola dell’ignoranza e di tanto analfabetismo.Oggi,la cultura manca di coltivazioni che le permettano di dissodare terreni ben più duri di quelli dei nostri antenati,avvelenati,intossicati con i nostri raggiri a noi stessi. Quando si parla di spazzatura si dovrebbe ricordare che tutti abbiamo messo un pugnetto di lavoro o di assenza per fare di questa terra il luogo che malediciamo oggi per le tossine che non sappiamo più come smaltire. Forse riguardare indietro,come sempre si fa quando si progetta per il futuro, ci consentirebbe di scoprire almeno con quale volontà muoverci.
Un abbraccio grande a voi,ferni.
sandrapalombo ha detto:
Un bel quadro che riscatta un periodo storico dove i valori stavano dentro gli atti quotidiani che l’età del consumismo ha cancellato. La monnezza diventava concime, niente veniva sprecato al contrario di oggi.
Sandra
mirko servetti ha detto:
“E la monnezza: era un reame dove d’inverno prendevano vita i pomi: d’oro,/lucenti del sangue di mia nonna/che intanto invecchiava…”, basterebbero questi stupendi versi per contenere in una spesso distratta quando non assente memoria collettiva il ricordo vivo e non nostalgico o bucolico, come sottolinea acutamente Lucetta Frisa, di una civiltà rurale (‘del pane e del vino’, secondo Pasolini) che, perduta, non ebbe il ricambio di alcuna contrapposizione in termini di valori che non fossero quelli dell’esasperazione tecnologica, della nevrotica competizione economica, dell’imbarbarimento etico e dell’omologazione culturale ai dettami di un materialismo che segna tuttavia l’inesorabile estinzione del modello occidentale.
Un testo vibrante, risentito pur nella pacatezza del dettato e nella perfezione stilistica; una letio narrante che custodisce e rigenera i modi strutturali e formali del respiro pavesiano.
Un plauso ammirato e un caro saluto a Fernanda.
mirko
Blumy ha detto:
ho visto,scorrendo i commenti, l’indirizzo del fotografo Nico Bastone: ricordo le sue immagini di donne, di popolane siciliane, di madri, di vecchie.
E somigliano a questa bellissima immagine di nonna, raccontata con affetto e premura, circondata dagli oggetti, dall’ambiente consueto.
fernirosso ha detto:
Un mondo in bianco e nero: dal bianco di calce che veniva dato per rinfrescare le pareti, al nero di fuliggine del camino. La fioritura dei gigli d’acqua lungo i fossi, degli alberi da frutto negli orti o lungo le siepi: erano le macchie di colore che avvertivano dei mutamenti, segnavano l’aria di profumi persistenti. Poi le bulbacee e le rose antiche, pregne di aroma, carnose, dense o leggere. Questi sono i ricordi della fattoria della nonna materna. Grande , piena di animali, in schiere ordinate secondo cicli precisi, con tanti uomini indaffarati nei campi, lontani tutto il giorno, l’aia deserta, calda, assolata, silenziosa, tagliata da qualche figura volatile, che lascia il suo pigolio, come per aprire una porta su un altro luogo. E gli alberi, poco lontano, un gruppo, per riposare o per fare festa, tutti radicati in quell’ombra fresca di foglie oranti. I miei ricordi più vivi, più luminosi, più nitidi e precisi, appartengono a quel tempo, a quel luogo, si muovono ancora in me, tra quelle persone: un sestante per navigare a vista nel mare grosso di oggi.
Un grazie a voi tutti d’essere venuti da queste parti,di aver fatto tappa tra queste ombre vive.
maria gisella catuogno ha detto:
bellissimo ritratto, Ferni, di una creatura in armonia con se stessa e col mondo, di cui era “docile fibra”concreta e attiva.
Anch’io ho un ricordo bellissimo della mia
un abbraccio
Gisella
fernirosso ha detto:
Ritratto di un interno: il volto attraversato che si ritrae e si riversa dentro noi,vivo. davvero una eredità magnifica. Grazie anche a te Gisella d’essere stata tra queste righe,come in un “campo” che tutti ci ospita. Un abbraccio, ferni.
Federica ha detto:
è bellissima….quello che una persona arriva a costruire ed passare alle altre generazioni e quello che rimane a testimonianza di una vita e una storia vissuta….
fernirosso ha detto:
una scatola di latta, con bottoni di varia forma, foggia e materiale, che la nonna recuperava dagli abiti che non si potevano più sistemare. Mia figlia ed io li riutilizziamo spesso ancora oggi e poi li ristacchiamo per conservarli per altri abiti ancora. Un silenzio degli oggetti, passati di mano in mano, di abito in abito che ci riporta voci di altri abitanti nella memoria mai disabilitata né disabitata. Grazie anche a te Federica, del tuo ri-cor-dare. ferni