La grandezza dei titoli nei giornali è proporzionale al numero di persone che sono interessate al fatto. Quindi un evento di calcio, un fatto di politica, un concerto rock, hanno un titolo a caratteri cubitali. Un fatto culturale, invece, a chi interessa? Che percentuale della popolazione andrà ad ascoltare una conferenza, sarà interessata a un aggiornamento sui libri “significativi” appena usciti? Ho detto significativi perchè questo restringe ulteriormente il numero delle persone coinvolte. Togliamo tutta la produzione di opere di intrattenimento, togliamo le aberrazioni di uno sperimentalismo arido e barocco, togliamo i generi di carattere puramente commerciale che poco hanno a che fare con l’arte, togliamo le illazioni, le maldicenze, gli arzigogoli sulla vita di qualche illustre del passato, togliamo le opere compilative, togliamo i testi scientifici che riflettono interessi settoriali e specifiche branche dello scibile (storia, teologia, filosofia, astronomia, psicologia, psicanalisi, ecc.) che cosa rimane? Quello che dovrebbe segnare il corso della nostra storia, quello che dovrebbe cogliere il significato del nostro attuale esistere, quello che dovrebbe sollevare il velo delle cose e coglierne l’essenza ed esplicitarla. Ma questo (se esiste) interesserà a una ristretta minoranza di persone e quindi appare (quando appare) con un titoletto insignificante, si nasconde sotto un bombardamento di futilità. Segnerà la storia? Non la segnerà affatto? Come potrà farlo da quel cantuccio? In mezzo a tanta confusione?
L’intellettuale è oggi un fantasma. La società di massa lo ha ucciso. Ha lasciato sopravvivere solo esangui cantori che si raccontano tra di loro, come nel settecento i poeti dell’Arcadia, i loro isterismi oppure qualche esemplare che, duttile e capace, è riuscito a ritagliarsi all’interno dei mass media degli spazi presentandosi come un personaggio, dando spettacolo di sè (e solo a queste condizioni può sopravvivere). Gli altri che ruolo hanno? Che ruolo possono avere nella storia? Sembra proprio che la società nel corso di questi ultimi decenni abbia decisamente (e forse definitivamente) dichiarato a gran voce che l’attività letteraria, la cultura non è necessaria alla vita degli uomini. Che se ne può fare benissimo a meno. Che è un lavoro ozioso. Anzi nemmeno un lavoro.
Il lavoro di decodificare le idee ricevute, di formulare idee nuove, di creare nuove categorie mentali, che poi potrebbero (dovrebbero) riflettersi su tutta la società, è considerato dalle masse potentissime e fragili del nostro tempo superfluo, ozioso, non necessario. E al di là e al di sopra di queste masse non c’è nessuno, che so, un’organizzazione culturale, un potere politico che tuteli anche i diritti delle minoranze (pensanti), che si faccia carico di promuovere un’attività che non sia destinata solo all’oggi. Che si proietti nel futuro.
Del futuro la nostra società sembra preoccuparsi molto poco. Ne ha fatto un grosso hamburger e se l’è mangiato. E adesso con la pancia piena e la testa piena di vento corriamo. Verso dove? Fino a quando?
Marina Torossi Tevini
tristemente vero,tutto vero in questa analisi profondamente realistica.. Ma noi- seppure sempre più sparuti- resistiamo negli ultimi avamposti. Finché al mondo c’è qualcuno che pensa e scrive quello che pensa anche solo per i pochi che ascoltano e leggono- non saremo perduti del tutto.
Hai scritto un bellissimo articolo,Marina, come tua abitudine.Grazie
Condividendo l’analisi, credo che noi non siamo più avamposti, come dice Lucxetta, ma salmerie collocate nelle retrovie, sì cibo distribuito nei dì di festa, a caso. Il pensiero debole ha creato il pensatore debole, dalla debole penna, dalla storia aperta, dalla poesia narrativa….
Restiamo i quattro gatti al bar che non fanno ressa e sono sopportati perchè non fan proseliti e costano poco.
Narda e Marina vi ricordate quando Vittorini scrisse in polemica con Togliatti che
” l’intellettuale non deve suonare il piffero per la rivoluzione ” ?
e i dibattiti sulle ” mosche cocchiere ” ?
E gli ” scritti corsari ” di Pasolini ?
E Moravia, l’Espresso, la bagarre sul Vescovo di Prato a proposito di divorziati ?
Beh, è passata una vita da allora, e quando leggo voi io sento che avete partecipato a quell’epoca, e vi stimo, vi apprezzo per la vostra formazione, ma…….oggi gli intellettuali vogliono aprire le istituzioni ” come un scatola di tonno “, perciò ……….ragazze mie, quasi coetanee vi dico ” rassegnamoci ,è finita ”
vi abbraccio
luigi
grazie a Nadia Lucetta e Luigi . Le mie ovviamente sono provocazioni. Io tendo a concepire l’intellettuale come un’entità costruttiva che si contamina con la realtà e non se ne sta in una torre d’avorio in questa o quella università, un intellettuale “socratico” che con le sue idee fa crescere l’intelligenza generale delle cose (e poi finisce male magari, perché – ahimé – le società amano poco essere spogliate delle loro finzioni)
(il discorso sarebbe lungo…)
grazie anche a tutti i bloggers che hanno lasciato un segnale del loro apprezzamento.
marina
interessante tutto!
ed è un piacere che sia stata scelta una mia immagine!
apprezzamenti sinceri.
cb
grazie, Cristina!
Cristina cara, avevo notato questa immagine che trovo affascinante, di grande suggestione, ma non mi sono messa a cercare la firma…Molti complimenti! Sei bravissima! Perché non fai un post solo con le tue opere visive? Ci procureresti molta gioia! Penso di non essere la sola a desiderarlo
un abbraccio
lucetta
Grazie, Marina.
Lucetta cara, grazie del suggerimento.
se è cosa gradita come dici, sarà altrettanto gradito anche per me condividere le mie immagini.
un abbraccio
cri